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Conservatori e liberali classici - Cosa scegliere?

2023-06-28
Tempo di lettura: 6 min
In un contesto politico e culturale mutevole come quello contemporaneo in cui utilizzare categorie rigide per definire partiti e schieramenti ma anche pensatori e uomini di cultura rischia di essere fuorviante, interrogarsi sul ruolo dei conservatori e dei liberali nella società potrebbe sembrare un mero esercizio intellettuale, eppure è un'importante occasione non solo per soffermarsi sullo stato di salute e sulle prospettive di queste aree culturali ma anche per fare un po' chiarezza.

Dopo anni di oblio il termine conservatore ha trovato una centralità, oltre che nel dibattito culturale, anche nel mondo politico dove non ha mai goduto di buona fama. A differenza di nazioni come il Regno Unito in cui esiste un partito che si chiama Conservative Party, in Italia non è mai esistito un partito di massa chiamato Partito Conservatore italiano. Oltre al fatto che la sigla PCI non porterebbe fortuna, ciò è dovuto alla cattiva stampa avuta dal termine conservatore nel nostro paese per decenni. Una preclusione verso il conservatorismo che ha caratterizzato non solo la sinistra (cosa comprensibile) ma anche una parte della destra per decenni ha avuto (e alcune componenti continuano ad avere) un pregiudizio nei confronti del mondo conservatore.

Così, anche i partiti che oggi si definiscono conservatori, nel nome non utilizzano questo termine proprio per la percezione negativa che ha il concetto di conservazione in Italia. Eppure si tratta di un paradosso perché la maggioranza degli italiani è per indole conservatrice (più o meno consapevolmente) ma il conservatore viene confuso con il reazionario e considerato  chiuso al futuro e all'innovazione quando in realtà il conservatorismo, riprendendo la celebre definizione di Edmund Burke, concepisce la società come “unita da un legame morale tra morti, vivi e chi dovrà ancora nascere”. Se pensiero conservatore e reazionario sono due cose diverse, lo stesso vale per il conservatorismo e il liberalismo che, pur avendo punti in comune, rappresentano due tradizioni di pensiero distinte. Partendo dal presupposto che non esiste un singolo pensiero liberale né un singolo pensiero conservatore (negli Stati Uniti la distinzione tra teo-con, neo-con, social-conservatism, national-conservatism è tutt'altro che una sfumatura), occorre chiedersi se conservatori e liberali possono trovare punti in comune oppure se si tratta di due mondi destinati a non incontrarsi. Tralasciando analisi politiche e soffermandosi su un piano culturale, oggi il principale ostacolo per una più stretta collaborazione tra conservatori e liberali è da ricercarsi, a giudizio di chi scrive, più nel mondo liberale che in quello conservatore.

I liberali devono infatti scegliere da che parte stare. Se è vero che il mondo liberale è da sempre frammentato e diviso al suo interno (la storia del Partito Liberale Italiano è emblematica in tal senso), l'evoluzione del contesto politico negli ultimi anni ha portato a una frattura che si può sintetizzare in due categorie utilizzate nel mondo anglosassone e mutabili anche al contesto italiano. Si tratta di chi è più vicino a un pensiero di classical liberalism e chi invece ha abbracciato una visione liberal. Nel primo caso ci si riferisce a un liberalismo tradizionale caratterizzato dalla difesa della libertà individuale, del libero mercato, da uno Stato la cui azione non entri nelle vite private dei cittadini. Un approccio al pensiero liberale con numerosi punti in comune anche con i conservatori già dai riferimenti culturali a partire da Alexis de Toqueville i cui libri La democrazia in America e L'antico regime e la rivoluzione rappresentano un terreno di confronto. Lo stesso dicasi per un autore come Raymond Aron la cui opera L'oppio degli intellettuali, pubblicata nel 1955, costituisce ancora oggi una delle più illuminanti critiche all'intellighenzia di sinistra che sia mai stata scritta. Se il mondo liberale mantiene la barra dritta rifacendosi alle idee e al pensiero che Corrado Ocone ha sintetizzato nel suo libro Il liberalismo nel Novecento, il dialogo con i conservatori è non solo necessario ma doveroso.

Al contrario, se i liberali perdono la i finale diventando liberal, abbracciando il progressismo e giustificando posizioni dal campo sociale a quello economico, passando per l'immigrazione e i diritti civili, a tutti gli effetti di sinistra, un ponte con il mondo conservatore non è realizzabile. Inoltre, nel dibattito politico e mediatico degli ultimi anni è avvenuto un abuso del termine liberale che è stato utilizzato per riferirsi a posizioni che nulla hanno a che fare con il liberalismo inteso in senso tradizionale. Questa tendenza ha fatto sì che nel mondo conservatore si sviluppasse un pregiudizio verso i liberali talvolta controproducente per entrambe le aree.

È però altresì vero che i conservatori nel campo delle idee talvolta non sono esenti da colpe specie sui temi economici dove una maggiore attenzione al taglio della tassazione unita a un minor dirigismo, non solo aiuterebbe a trovare punti di contatto con il mondo liberale ma potrebbe rappresentare un importante volano per elaborare un pensiero che parli ai ceti produttivi e alla classe media.

Nonostante ciò, oggi il dialogo tra conservatori e liberali è non solo possibile ma auspicabile e c'è un terreno comune su cui realizzarlo: la difesa della libertà. Proprio su questo campo entra in gioco un'altra area di pensiero di cui i conservatori non possono fare a meno ed è quella cattolica. La morale cattolica ci insegna che la libertà senza etica rischia di trasformarsi in un relativismo valoriale che è antitetico a una visione del mondo conservatrice. Difendere la libertà significa anche opporsi al politicamente corretto e alla cancel culture che vuole non solo cancellare la nostra storia ma riscriverla secondo nuovi criteri alzando sempre di più l'asticella. Contrastare queste derive vuol dire conservare la nostra identità italiana, europea, occidentale la cui sopravvivenza dovrebbe stare a cuore tanto ai conservatori quanto ai liberali. Se l'obiettivo comune è scardinare un'egemonia culturale della sinistra che si è evoluta in una nuova forma abbracciando il politicamente corretto e perciò soffocando il libero pensiero, è bene che conservatori e liberali si uniscano sui punti in comune più che sulle differenze. Ciò non significa annacquare o, peggio ancora, snaturare la propria identità bensì cercare un punto di incontro in una comune battaglia culturale.

 

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