Il 31 luglio del 2004 a Varsavia viene inaugurato il Museo della Rivolta, dopo decenni dalla sua istituzione ed anni di lavoro per la sua edificazione.
Attraverso immagini, fotografie, video-racconti e manufatti, il luogo racconta l’evocativa ed eroica reazione del popolo polacco contro gli invasori ed occupanti nazisti, a poche settimane dall’arrivo dell’armata rossa di Stalin nel 1944. Consci che tra la morsa di due tiranni il futuro sarebbe stato di privazioni, morte e miseria, il fiero popolo polacco si sollevò contro il leviatano dei totalitarismi.
Il prezzo di quel gesto fu altissimo e la città venne rasa al suolo, tra fiamme e macerie.
Oggi, tra le sale del Museo, lo spettatore viene accolto in un ambiente suggestivo e chiaroscurale, con un’esibizione permanente sonora che è stata ribattezzata il “Cuore del museo” e che scandisce ogni passo dei visitatori con il suono di un battito cardiaco accelerato, misto agli echi sonori degli orrori della guerra.
Fu Diritto e Giustizia con Lech Kaczyński a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di un luogo di ricordo e meditazione collettiva che rinsaldasse la memoria storica nazionale. A posteriori uno dei capisaldi di un programma elettorale che risultò vincente per riportare il partito al governo nel 2005.
Diritto e Giustizia ha infatti sempre dato enorme risalto alla storia ed alla memoria, lo ha fatto ergendosi a baluardo di una contro-rivoluzione culturale del progressismo messianista moderno.
Ciò ha provocato negli anni un profondo braccio di ferro tra il partito dei gemelli Kaczyński e le istituzioni dell’Unione Europea, che ha derubricato Polonia ed Ungheria a Paesi di “serie B”, insubordinati alle logiche del progresso, reazionari e ripiegati su sé stessi.
Ma la memoria storica ha sempre reso la Polonia uno dei Paesi chiave dell’attuale Unione, tanto che gli analisti geopolitici italiani hanno parlato di “Polonia Imperiale” e gemma dell’alleanza atlantica nel cuore del Vecchio Continente, con una funzione marcatamente anti-russa.
Il sentimento di avversione nei confronti del vicino “Orso Russo” nacque senza ombra di dubbio con la violenta sopraffazione che tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico sperimentarono nei decenni dell’URSS fino alle manifestazioni di Danzica dell’eroico Lech Wałęsa ma vide una netta crescita dopo il 2010.
L’anno in cui la Polonia venne scossa dall’incidente del 10 aprile in cui l’aereo presidenziale diretto in Russia precipitò nel giorno delle commemorazioni per l’eccidio di Katyn.
In quella data nefasta il Tupolev Tu-154 che trasportava il Presidente Lech Kaczyński, l'ex-presidente Ryszard Kaczorowski, le alte sfere dell’esercito e della finanza e numerosi tra i diretti discendenti delle vittime dell’eccidio sovietico, si schiantò a Smolensk. Sulla tragedia continuano tuttavia ad aleggiare zone d’ombra mai del tutto chiarite.
Con il governo di Mateusz Morawiecki, la cultura e l’identità europea sono tornate al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e con esse la memoria storica del Paese.
I capisaldi dell’Europa del PiS si ritrovano infatti nell’imperioso discorso fatto dall’ex Premier presso l’Università di Heidelberg.
In Germania Morawiecki si sofferma sulla grandezza della tradizione europea e sull’unità nelle differenze, la stessa che voleva affermare il generale De Gaulle con le prime forme di confederalismo europeo.
L’ex Premier polacco lo fa citando Dante, Goethe, Chateaubriand, rispettivamente italiano, tedesco e francese ma allo stesso modo emblemi della tradizione europea e pilastri della storia.
Lungo l’asse del conservatorismo la Polonia combatte quindi la “maschera” della federalizzazione sovranazionale, con un sentimento eurorealista che permette di approcciare in modo concreto ai problemi e alle criticità della stessa attuale UE.
Nel discorso vengono ben ribadite le priorità dell’attuale Polonia ed Europa a trazione conservatrice, tra cui la crisi della classe media, l’eclissi dei valori, l’immigrazione irregolare, la perdita di una posizione geopolitica capace di fare da contraltare tra i due blocchi contrapposti dello scacchiere geopolitico.
Tra messianismo e pragmatismo la menzione dell’ex premier polacco alla “fine della storia” targata Francis Fukuyama è critica. La fine della storia fu un concetto teorizzato alla fine del XX secolo per esplicare come il “secolo breve” avesse sublimato e concluso il processo di evoluzione sociale, politica ed economico-finanziaria dell’umanità ma così non è stato.
Nella memoria storica polacca la consapevolezza di un passato novecentesco di dominazione e sopraffazione, che l’ex Premier definisce la causa della perdita di secoli di storia a fronte di cinquant’ anni di totalitarismo, è la chiave interpretativa del presente.
Non sorprende che la scelta per le elezioni presidenziali del 2025, con Duda impossibilitato a candidarsi per un terzo mandato, sia ricaduta sul giovane storico Karol Nawrocki.
Una scelta che premia un candidato indipendente con una lunga carriera nel mondo accademico polacco, focalizzata sul far luce sui crimini di guerra comunisti e sui retroscena della resistenza di Varsavia nei confronti dei nemici, tedeschi e sovietici su tutti.
Nawrocki, infatti, dirige dal 2021 l’istituto per la Memoria Nazionale, un ente statale che ospita archivistica e fonti sui crimini della Seconda Guerra Mondiale e dell’era comunista.
La scelta di Kaczyński dimostra capacità di legare lungimiranza politica alla consapevolezza che la cultura possa essere un’arma politica fondamentale.
La scelta di un candidato indipendente ed intellettuale riporta al centro del dibattito pubblico la memoria storica del paese ed allarga una potenziale coalizione a sostegno di Nawrocki per il secondo turno.
Una memoria, che grazie a Diritto e Giustizia, continua ad essere patrimonio condiviso e fonte d’orgoglio per i patrioti polacchi.
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