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Intervista con Marie d’Armagnac

2023-07-20
Tempo di lettura: 7 min
Le proteste che hanno scosso la Francia nei giorni scorsi affondano le proprie radici in decenni di politiche sociali e culturali errate che è necessario indagare per comprendere come si è arrivati a una situazione potenzialmente esplosiva. Ne abbiamo parlato con Marie d’Armagnac, giornalista francese, nonché autrice di Matteo Salvini, l'indiscipliné, e prefatrice dell’edizione francese dell’autobiografia di Giorgia Meloni, Mon itinéraire.

 

Francesco Giubilei: Gli scontri di cui si è tanto parlato, verificatisi in questo ultimo periodo a Parigi, hanno un’origine nel passato? In tal caso, da dove sia è partiti e come si è arrivati a questo punto?

Marie d’Armagnac: Siamo partiti da lontano. Tutto ha origine con la politica migratoria della Francia che è pessima. In Francia viene applicato lo ius soli. Ogni anno arrivano 200.000 migranti che ottengono la nazionalità francese e che si fanno raggiungere dalla famiglia, il tutto legalmente. Quando un bambino ha nazionalità francese anche i genitori possono averla. Sono stati costruiti ovunque dei ghetti. Ma ciò che preoccupa sono anche le piccole città, ciò significa che è un problema generalizzato. Ci sono due popolazioni che vivono non insieme ma accanto, non esiste più unità della nazione.

Che ruolo gioca, in questo contesto, l’immigrazione? Ritiene che vi siano problemi relativi a questo contesto?

L’integrazione non è più possibile, ci sono numeri troppi grandi di immigrati. Questa situazione delinea il fallimento di quel multiculturalismo che da 20/30 anni ha lavorato male in Francia e di un’egemonia culturale di sinistra molto forte, tutti questi dogmi del multiculturalismo non possono essere messi in discussione. Ciò costituisce una responsabilità forte perché l’integrazione non è stata presentata come un modello. La diversità era un valore più importante rispetto all’integrazione. Politica e media per anni hanno offerto a queste persone una descrizione negativa della Francia seminando odio nella loro mente e non hanno mai imparato ad amare la Francia, nonostante la Francia grazie al welfare e al sistema sociale metta tutto a loro disposizione.

Al centro dell’attenzione ci sono le nuove generazione: per quale motivo queste sembrano essere più radicali delle precedenti?

Tutto sta alla base dell’educazione nazionale, la scuola pubblica francese non ha fatto nulla per spiegare i valori della Francia e i genitori e la famiglia in generale sono assenti: vedono la Francia come qualcosa da poter sfruttare senza dover dare nulla indietro, odiano la Francia. Esiste un numero, in costante crescita, di migranti che arrivano e creano una società parallela che non ha nulla a che vedere con i nostri valori. Questi ragazzi sono cresciuti così. C’è poi un problema legato alla giustizia: nel momento in cui sono arrestati, molti di loro vengono rilasciati liberamente dopo poco. In questi giorni sono stati arrestai centinaia di ragazzi che domani saranno fuori e che non sconteranno nulla: ne sono consapevoli e tornano a comportarsi allo stesso modo. Il ragazzo di 17 anni che è stato ucciso da un poliziotto aveva 15 condanne a suo carico.

Queste manifestazioni richiamano quanto accaduto – e quanto scaturito in seguito – dagli avvenimenti verificatisi nel 2005: cosa è avvenuto nel frattempo?

È aumentato il numero dei manifestanti e si è generato un sentimento di impunità con chi protesta che non è mai condannato, sono sempre più numerosi e violenti e senza un minimo sentimento civile. Tali comportamenti hanno fatto sì che si generasse, in questi in 15/20 anni, uno stato di degrado. Questi soggetti sono figli degli atti del 2005. Nel 2005 le rivolte erano nelle banlieues, ora sono generalizzate anche in centro città e nelle zone borghesi, la stessa borghesia che ha votato Macron.

Secondo Lei, cosa ha fatto sì che queste tensioni si verificassero in Francia e, per esempio, non in Germania?

L’odio verso la Francia per il colonialismo. La Francia si è dimostrata sempre molto debole, a differenza dell’odio, che è molto forte. Manca la forza dello Stato che è debole, il modello francese sta crollando, il governo prova a influire sulla rete sociale e sulle cifre, la situazione è molto grave. In Italia sono stati registrati, da gennaio, 72.000 arrivi: numeri che continuano a crescere, nei prossimi anni queste situazioni potranno verificarsi anche in Italia.

A tal proposito, ritiene che esistano delle soluzioni che possano essere attuate affinché avvenimenti come questi non si ripetano?

Far sì che la giustizia faccia il suo lavoro, che vengano rispettate le pene da scontare, che non ci sia questa facilità nel tornare in libertà. La cosa peggiore è dare ancora miliardi di euro nelle banlieus: hanno scuole, biblioteche, strutture incredibili. Sono violenti e hanno delle armi. Una soluzione sarebbe quella di riformare il codice della nazionalità. Tanti hanno la doppia nazionalità. A tal proposito, il governo algerino ha dichiarato: «I francesi devono difendere i nostri compatrioti algerini». Io dico allora riprendeteli tutti.

 

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