Non sempre le rivoluzioni sono cruente e sanguinose, possono essere anche compiute con modalità apparentemente più soft ma ugualmente pervasive e distruttive delle norme e della società che intendono cambiare. È il caso delle rivoluzioni culturali con cui si interviene a partire dalla scuola, dall'università, dai mezzi di comunicazione e nella mente delle persone senza dover ricorrere all'uso della forza.
Sia chiaro, non è automatico che una rivoluzione culturale escluda l'utilizzo della violenza, emblematica è la Rivoluzione culturale cinese di Mao che costò la vita a milioni di persone ma quanto avvenuto negli ultimi decenni nelle democrazie occidentali è un fenomeno rivoluzionario differente ma altrettanto pericoloso. Si tratta di una tendenza che si origina con il 1968 in cui avviene una radicale messa in discussione della società del tempo a partire, non a caso, dal mondo universitario. La rivoluzione sessantottina, le cui conseguenze nefaste sono descritte da Augusto Del Noce nei suoi libri, è stato il primo campanello d'allarme di una deriva che si è esplicitata negli ultimi anni prima con il trionfo del politicamente corretto, poi attraverso la cancel culture e infine con la cultura woke. Oggi, pur nell'assenza di consapevolezza di una parte consistente della popolazione, sta avvenendo una nuova rivoluzione culturale come racconta Christopher Rufo nel suo ultimo libro “America's Cultural Revolution: How the Radical Left Conquered Everything”.
Rufo è una delle voci più conosciute tra i giovani conservatori americani, senior fellow del Manhattan Institute for Policy Research, si è battuto in numerose occasioni contro la cosiddetta “critical race theory”. Si tratta di una teoria, particolarmente diffusa in ambito accademico negli Stati Uniti, per cui il razzismo è non solo basato sui pregiudizi degli individui ma è sistematico in varie leggi e norme. Secondo Rufo tale teoria “rappresenta una minaccia esistenziale per gli Stati Uniti” avendo “pervaso ogni aspetto del governo federale”. Altro tema su cui l'attivista conservatore americano si è a lungo soffermato è il gender e la diffusione delle teorie Lgbt nelle scuole.
Le battaglie portate avanti dalle colonne del “City Journal”, sui social, in numerose conferenze, sono sintetizzate nel suo ultimo libro che è già un bestseller negli Stati Uniti. Secondo Rufo negli ultimi anni è avvenuta una rivoluzione culturale guidata dalla sinistra radicale che ha interessato ogni ambito della nostra società grazie alla quale i “marxisti radicali” (come sono definiti dall'autore) hanno preso il controllo delle principali istituzioni americane.
Rufo compie un paragone tra la rivoluzione culturale cinese in cui, chi si opponeva al regime di Mao doveva essere “rieducato”, con quanto avvenuto in America dagli anni Sessanta in poi attraverso una rivoluzione più lenta ma altrettanto efficace. L'autore cerca di mettersi nei panni degli “americani normali” che si pongono una serie di domande su come si sia arrivati all'attuale situazione cercando di individuare una genesi a partire da autori e pensatori che hanno influenzato la nuova sinistra rivoluzionaria: da Herbert Marcuse a Angela Davis, da Paulo Freire a Derrick Bell.
Il giovane attivista conservatore ripercorre come la sinistra radicale abbia progressivamente assunto il controllo con le proprie idee del mondo della scuola, dell'università e anche dell'amministrazione pubblica mettendo in guardia dal pericolo di un salto di qualità nella radicalizzazione delle idee e sostituendo il concetto di uguaglianza sancito dalle Costituzioni con un nuovo modello basato sull'etnia in cui funzionari burocrati promuovono “diversità e inclusione”. Nonostante la maggioranza degli americani sia contraria a questa deriva, il fatto che l'establishment e le principali istituzioni Usa siano ormai permeate dai frutti della rivoluzione culturale, rende tutt'altro che facile poter intervenire.
Nel capitolo iniziale “Revolution” Rufo si interroga su come la sinistra radicale sia arrivata a diffondere le proprie idee nelle istituzioni instaurando un “nuovo regime ideologico” per poi soffermarsi sui suoi principali temi a partire da quello sulla razza come il Black lives matter. Un capitolo è dedicato al tema dell'educazione e al ruolo centrale che la scuola ricopre in questa nuova rivoluzione culturale e su come il marxismo abbia conquistato le scuole americane mentre l'ultima parte del libro intitolata “power” si sofferma anche sullo sviluppo della “Critical Race Theory”.
Nel paragrafo finale intitolato “La contro-rivoluzione che deve arrivare” Rufo, dopo aver elencato i successi della rivoluzione culturale americana, si sofferma sulla necessità di una risposta: "Il compito più urgente per i nemici delle teorie critiche è quello di smascherare la natura dell'ideologia, il modo in cui opera all'interno delle istituzioni e di elaborare un piano per colpire. […] L'opposizione deve porsi nella breccia tra le astrazioni utopiche della rivoluzione culturale e i suoi fallimenti concreti. Deve elaborare una strategia per assediare le istituzioni, recidere il legame tra ideologia e burocrazia e proteggere il cittadino comune dall'imposizione di valori dall'alto. Il compito è quello di rispondere alle forze della rivoluzione con una forza uguale e contraria, creando un nuovo terreno per la vita comune della nazione e riorientando le istituzioni verso i principi eterni della nazione”.
Il compito che ci aspetta, conclude Rufo, è la controrivoluzione.
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